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Psicoterapia Vomero
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Fluire


Una volta qualcuno disse: “se una persona sente di non avere un SUO spazio ed un SUO tempo…rischia la pazzia”.
Ci viene detto di andare veloce, di stare al passo, al passo di chi? Siamo spinti sempre di più ad adeguarci ai tempi che corrono, di chi sono questi tempi? Qual è il tempo del dolore? Quanto tempo abbiamo per incontrare ciò che ci fa soffrire?
Tra i vari interventi sul dolore psichico sempre più fedeli alla rapidità, la psicoterapia cammina controcorrente, bypassa la questione della velocità, l’urgenza di trovare una soluzione subito, è un intervento situato nel tempo della relazione, è la terapia di chi pesca d’altura, in profondità, di chi aspetta. La psicoterapia si muove su tutto quello che ha bisogno di tempo per nascere e crescere, sulla costruzione di un rapporto di fiducia, sulla pazienza, sulla messa in discussione dell’istinto di fuga, su una relazione profonda. La relazione terapeutica è una relazione “tra”, sembra situarsi tra gli spazi delle relazioni che conosciamo, quella amicale, confidenziale, genitoriale, il pagamento ne fa una prestazione professionale che è comunque basata su una relazione profonda. Qualcuno resta deluso perché dopo tanto dire di sé nella stanza di terapia, fuori si è sconosciuti, estranei; la distanza che c’è tra la realtà dentro e quella fuori da quella stanza permette alla coppia di restare in osservazione dello spazio interiore del/della paziente, il/la terapeuta può osservare il mondo con gli occhi di chi ha chiesto aiuto, non con quelli dei familiari, degli amici, dei colleghi, dei contesti che frequenta.
Lo/la psicoterapeuta è una persona allenata, al di là della conoscenza teorica, ha fatto lo stesso percorso che suggerisce, ha fatto terapia a sua volta. Qualcosa che fa di un/una terapeuta una persona empatica è che si è lasciata scivolare più e più volte nei luoghi più profondi e bui della sua anima, spirito, personalità o come si voglia chiamare; difficile parlare di “guarigione”, è “guarito/a”? “Arrivato/a”? Probabilmente ha trovato un modo in cui le varie parti di sé riescono a dialogare in modo più o meno pacifico, riesce a convivere con le proprie nevrosi senza soffrirne troppo o troppo a lungo, o senza che ne soffrano le persone che abitano il suo mondo, tutto questo fa del/della terapeuta un/una traghettatore/trice che ha familiarità con queste “acque profonde”. L’incontro con il/la paziente diventa una occasione di crescita, quell’incontro unico di parti permette di scoprire sempre nuovi luoghi dentro entrambi; nella relazione terapeutica si cercano insieme “le parole per dirlo”, per comunicare il dolore a sé stessi e alle persone importanti della propria vita, gli strumenti scoperti, trovati e ri-trovati durante questa traversata il/la paziente li porta con sé quando si chiude la porta di quella stanza alle sue spalle.

Ilaria Notarbartolo
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