Ti amo, ti libero… da me - psicologo-vomero.napoli.it

Psicoterapia Vomero
Vai ai contenuti
Ti amo, ti libero… da me


 
Il dolore che non ha avuto la nostra attenzione potrebbe seguirci nella vita come in un cammino parallelo e provare a curarsi da sé: se abbiamo vissuto assenze, abbandoni, aggressioni, se ci siamo sentiti esposti, soli, a volte i pesi che portiamo possono essere un carico che si ripete per generazioni, questo dolore potrebbe vedere nelle persone che amiamo una occasione di curarsi, potrebbe “prendere in pegno” l’amore per guarire le nostre vecchie ferite. Le persone che vorremmo amare però non possono risolverci e guarirci, non è il loro cammino, è il nostro; di fronte a questa delusione combattiamo, soffriamo, come se quella non fosse più la persona che avevamo visto, un amico/a non presente, un compagno/a non amorevole, un figlio/a sfuggente, non funzionano più, li vorremmo aggiustare o cambiare ma li abbiamo mai veramente visti? Abbiamo visto il loro desiderio o il nostro bisogno? Il dolore che ci portiamo dietro li ha selezionati e messi alla prova? Se anche il loro desiderio in modo complementare si è con-fuso col bisogno di riempire i nostri vuoti è possibile che l’amore si trovi come in un ventre saturato dal bisogno. L’’incontro che ha portato nello spazio “di tutti e di nessuno”, in cui non siamo più distinguibili e illusoriamente fusinsieme, potrebbe portare, se l’organismo uomo “(…) è animato da una tendenza intrinseca a sviluppare tutte le sue potenzialità (…)” (Carl Rogers), al tempo del riscatto, della restituzione degli spazi, un riafferrare sé stessi che può prendere infinite forme, dalla rottura relazionale al sintomo nel corpo. Se l’amore desidera liberare cerca di fare attenzione, cerca una distanza per vedere, vedere la persona amata per quella che è, che desidera essere, si impegna a ritirare il proprio bisogno dal cammino dell’altro/a e prova ad occuparsene nell’intimità del proprio personale cammino esistenziale.  Forse è questo il momento in cui l’innamorato/a, in cerca dell’amore con-fuso, dell’incontro indifferenziato di bisogni, della magia in cui “(…) il solitario ‘io’ può annullarsi in un ‘noi’ (…)” (Irvin Yalom, “In viaggio con Yalom”), può trasformare la sua ricerca da uno spazio “dentro” l’altro/a ad uno stare insieme “con” l’altro/a. Il bisogno di trasformare chi amiamo nella persona che ci salverà, di impegnarla nel nostro desiderio, può entrare in ogni relazione, tra amanti, amici, genitori e figli, nell’amore per un progetto. L’arte come l’amore sembra parlare di libertà, come se la contenesse per natura dentro di sé; è affascinante l’idea che l’arte, passando attraverso il talento e certe sofferenze dell’artista, le trasformi in un’opera che sembra a volte materia di altri mondi; è necessaria la parte buia e inquieta dell’artista affinché si produca la bellezza dell’arte? Se l’arte non dovesse in qualche modo sanare l’artista cosa ne sarebbe di quell’arte? L’artista può trattenere l’arte sulla sua sofferenza come può capitare tra chi si ama?
 
Abbiamo un lavoro intimo, personale, profondo che ci riguarda, affidandolo ad altri il rischio sarebbe di sacrificare le possibilità dell’amore, se ne abbiamo cura noi stessi la possibilità è non solo di amare in una forma spiritualmente elevata ma anche di aprire degli spazi dentro di noi; l’altra faccia dell’amore e della libertà è una certa solitudine, a cui forse non siamo pronti perché, come dice Jean Paul Sartre, la libertà a cui siamo condannati può metterci di fronte alle nostre peggiori angosce.
 
Nessuno si salva da solo ma ognuno è responsabile della propria salvezza, un’altra possibilità è salvarsi da soli, insieme.

Ilaria Notarbartolo
Torna ai contenuti